Nota dell'autrice:
Un ringraziamento particolare per questa ff va a Monica\Windeyes che mi ha anche consigliato il titolo, e un altro va a Mik che mi ha tenuto su il morale con le chattate. Un grazie di cuore! Ovviamente un grazie anche ad Alex perché grazie a lei posso pubblicare i miei lavori.
 
Paure, speranze.....il ritorno
2° parte
 
 
 

André bussò.
“Oscar, sei sveglia?”
“Si André, entra pure”
André entrò e le sorrise. Oscar ricambiò il sorriso e si rilassò. André si sedette sul letto di Oscar.
“Oscar… io… io non posso crederci… non posso credere che tu abbia davvero…”
“André è tutto vero”
“Ma perché? Perché non me l’hai detto subito?”
 “André… io… ecco vedi, non so il perché non te l’ho detto prima… forse perché, perché speravo che non fosse così, che alla fine si sarebbe tutto sistemato. Come tu sai già io sono una donna forte ma una parte di me, una parte nuova, una parte che solo adesso conosco di me, è diversa… dalla Oscar che conosci”.
André le sorrise teneramente “No Oscar… quella non è un’altra Oscar. Quella è la donna che io sono riuscito sempre a vedere, a proteggere. E’ la parte che tu hai represso, quella che io… tempo fa… ecco… ”
Una rosa resta una rosa… pensarono entrambi.
“André, io non so più che fare… per la prima volta… ho… paura… mi sento… come… sperduta…” disse abbassando la testa.
André teneramente la alzò con un dito:
“No Oscar… tu non devi avere paura… la mia Oscar non deve averne”
“Ma… André…”
“Shhh” le disse avvicinandosi… sempre più vicino.
Si baciarono lentamente, senza fretta, dolcemente. Si staccarono guardandosi negli occhi. Si abbracciarono forte.
“Io ti amo Oscar… ti amerò per sempre…”
“Anch’io André… con tutto il cuore…”
André si staccò da lei, a malincuore. Le carezzò il visto dandole un bacio sulla fronte augurandole la buona notte e poi si allontanò piano verso la porta.
Oscar lo trattenne per la manica della camicia
“Perché non rimani qui? Mi farai compagnia” disse indicando il maestoso letto a baldacchino drappeggiato di una pesante stoffa rosso porpora.
André, la quale perplessità e meraviglia erano arrivati ormai agli estremi, fece cenno di sì e si sedette sul letto togliendosi gli stivali. Si mise sotto le coperte. Oscar, un po’ turbata ma comunque felice, gli si avvicinò contro abbracciandolo.
“Amore mio… ti farò felice…”
“Si” disse lui dolcemente baciandole le dita affusolate con le quali Oscar lo carezzava…
Si addormentarono l’uno abbracciato all’altro.
 

Un fascio di luce filtrava dalla finestra illuminando il volto di André. Oscar era rannicchiata accanto a lui. Dormiva. Non poteva ancora credere a quello che era successo: lei lo ricambiava, finalmente! Adesso che cosa avrebbero fatto? Adesso che… adesso… la tristezza prese posto nel cuore dell’uomo quando ricordò. Non era possibile, non era giusto che proprio adesso che avevano trovato la felicità, lei… - non riusciva neanche a pensarlo - lei se ne sarebbe andata via, la malattia l’avrebbe portata via per sempre, lontano da lui. Al solo pensiero si sentì un peso di una tonnellata sul cuore. La guardò: com’era bello il candore della sua pelle così vicino alla sua, e i biondi riccioli ribelli sulla fronte. Dormiva di un sonno tranquillo, regolare che non mostrava minimamente i segni della sua salute.
Nel sonno Oscar si era voltata dall’altro lato del letto: le braccia sul cuscino, il viso leggermente voltato verso di lui; anche senza volerlo assumeva degli atteggiamenti che mettevano in evidenza la sua indipendenza, anche in quel momento. A lui piaceva  così com’era e rimase a guardarla a lungo, prima che la sua vista glielo avesse impedito per sempre.
Non poteva più restare dov’era: presto qualcuno sarebbe venuto e non voleva farsi trovare lì. Si decise a svegliare Oscar.
“Oscar…”
“Uhm…”
“Oscar, svegliati”
La donna si strofinò gli occhi e si mise a sedere sul letto.
“Mi dispiace, ma devo andare via; a momenti verrà qualcuno a portarti la colazione…”
“Ho capito… va bene”
André si alzo dal letto e si avviò verso l’uscita. Prima di uscire tornò indietro e si avvicinò ad Oscar; lei lo guardava con aria interrogativa chiedendosi che cosa stesse facendo. L’uomo si sedette sul letto: non sapeva come spiegarsi.
“Ecco… volevo chiederti… Oscar: tu… niente, non farci caso” disse alzandosi
“André, aspetta…!” gli prese la mano “Forse… tu… André, io… sono felice adesso che tu mi sei vicino. Io ti amo, davvero…”.
Stavolta era stata lei a leggergli nel pensiero.  Le carezzò il volto e la baciò dolcemente. Uscì dalla stanza. Forse, forse c’era un modo per…

Parigi, Rue Saint Honoré
“Ciao Bernard”
“Oh! Ciao André! Come mai da queste parti ? E come sta Oscar?”
“Ehm… Avrei bisogno di parlarti”
“Ne parliamo a casa mia, ti va? Dovrebbe esserci in casa anche mia moglie…”
“Come vuoi”

Non poco lontano, in una piccola casa di città.
“Ciao André! Come stai? E come sta madamigella Oscar?”
“Ciao Rosalie… va… va tutto bene…”
“Scusaci cara, ma André doveva parlarmi: siamo dì là, nel mio ufficio…”
Entrarono in una piccola stanza con un tavolino che fungeva da scrivania, un paio di sedie qualche quadro e una libreria. In effetti, pensava André, era un po’ difficile definire ‘ufficio’ un ambiente del genere, per fortuna l’estrema povertà aveva, almeno per ora, risparmiato i coniugi Chatelet che erano riusciti ad avere una piccola casa, comoda e confortevole.

“Che cosa volevi chiedermi, André?”
“E’ un po’ difficile per me parlartene… vedi, Oscar è malata: il dottore le ha diagnosticato la tisi in stato avanzato…”. Non poté fare a meno di piangere “… non c’è più niente da fare, Bernard!”
“Oh… André, mi dispiace tanto… io… cosa vuoi che faccia per te?”
“Vedi, gira voce che in Francia ci sia un medico capace di guarire la tisi con delle tecniche che ha appreso all’estero…”
“Come… come fai a saperlo?”
Con un sorriso amaro: “Pur essendo stato sempre a fianco dei nobili, anch’io sono uno del popolo. Anche se di nascosto, mi tengo informato…”
“Capisco. Si André, Cagliostro è riuscito a guarire tantissime persone da malattie come la tisi. E’ malvisto dalla Corte per i suoi metodi, a giudicare da ciò che dicono, troppo ‘rivoluzionari’… non so se riesci a capirmi. Purtroppo adesso non è a Parigi, ma alcune fonti mi hanno riferito che è partito verso nord… in Normandia credo”
“Sai come potrei rintracciarlo?”
“Purtroppo al momento non saprei come aiutarti, ma se mi dai un paio di giorni di tempo, posso chiedere qualche informazione”
“Ti ringrazio Bernard”
“Di nulla. Piuttosto, come farete… si, insomma… tu e Oscar a lasciare Parigi?”
“Ancora non lo so Bernard; ma devo farlo capisci? E’ l’unico modo che ho per salvarla”
“Certo…”
“Un’ultima cosa Bernard, ti pregherei di non farne parola con Rosalie”
“Come vuoi” disse comprensivo.
 

Si congedò da Bernard e da Rosalie. Adesso doveva tornare a casa, questo era il problema: come doveva parlare con Oscar di quello che aveva saputo? Questo Cagliostro era l’unica speranza per la malattia di Oscar. Se lei fosse partita insieme a lui in Normandia, avrebbe dovuto abbandonare tutto: il suo palazzo, la sua posizione sociale ma soprattutto i suoi genitori ai quali, pur non dimostrandolo apertamente, era molto affezionata. Chi avrebbe potuto assicurargli che Oscar avrebbe accettato le condizioni? Infondo c’era la possibilità che le cure non avrebbero risolto nulla visto lo stato avanzato della sua malattia. E poi lui non aveva il diritto di entrare così prepotentemente – lui pensava -  nella sua vita: non era passato neanche un giorno da quando si erano rivelati e non poteva, non era giusto, decidere in questo modo della vita di un’altra persona anche se, come in questo caso, non c’erano altre soluzioni.
“Oscar è come  un’aquila, e le aquile non possono essere messe in gabbia (1) ”. 
Oscar era una donna forte, indipendente, e non avrebbe mai lasciato che altri decidessero per lei. Ma in qualche modo doveva tentare, doveva pur provare a parlarle!
 

A palazzo Jarjayes, intanto, Oscar era uscita un po’ in giardino. Non c’era molto caldo, quel giorno. Una lieve brezza si spingeva dall’est portando con se i profumi dell’estate. Nel piccolo gazebo su cui le foglie si arrampicavano lungo il colonnato, la donna stava prendendo un po’ di the pensando a ciò che era successo la sera prima.
“Io ti amo Oscar… ti amerò per sempre…”
“Anch’io André… con tutto il cuore…”
Il volto avvampò per le emozioni causate da quei pensieri. Adesso che c’era lui al suo fianco, avrebbe potuto affrontare qualunque pericolo, qualunque ostacolo, ma… no, meglio non pensarci… Adesso, nonostante tutto, doveva pensare solo che non era più sola. Sarebbe stata la cosa migliore. Alain, i suoi soldati… chissà cosa stavano facendo? Sicuramente si erano stupiti dalla sua assenza. Sarebbero stati comandati dal Colonnello D’Agout, un uomo che, seppur nobile, non li disprezzava e questa era la cosa importante.
“Tutti gli uomini sono uguali” aveva detto quel Robespierre: e aveva ragione, aveva perfettamente ragione.
Si alzò dalla sedia. Lungo l’orizzonte si stagliava maestosa la Reggia di Versailles, luogo stupendo, meraviglioso, ma allo stesso tempo tana delle serpi più velenose e degli uomini più meschini. Infondo quella reggia, col suo splendore, celava molto bene – almeno agli occhi di pochi – i complotti e gli intrighi di mezza Francia, come del resto era successo durante il periodo di Luigi XIV (2) nell’Affare dei Veleni. 
Mentre teneva una mano davanti la fronte per proteggersi dai raggi del sole, sentì una voce dietro di lei:
“Ti manca Versailles, non è così?”
“André, sei tu. No, non è questo. Sono in pena per la Regina Maria Antonietta: chissà come si sentirà in questo periodo di grandi cambiamenti. Spero solo che qualunque cosa accada prenda la decisione più giusta”
“Lo spero tanto anch’io, Oscar. Senti Oscar, dovrei parlarti”
“Si?”
André la fece sedere accanto al tavolino. Lui si sedette accanto a lei, la prese per mano.
“Oscar…”
Fece un respiro profondo, più per incoraggiarsi che per altro
“Oscar, sono stato da Bernard. Mi ha detto che c’è un medico, in Normandia credo, che forse potrà curarti. Ha guarito tantissime persone e c’è la possibilità che possa farlo anche con te. Per questo tu… noi … dovremmo partire. In questo modo dovresti lasciare tutto Oscar, Parigi, la tua famiglia e so che non sarà una cosa facile per te. Io non voglio obbligarti a fare una scelta ma ti prego, una volta tanto, pensa anche a te stessa. Ti prego, non voglio che tu muoia”.
Le sue ultime parole: una supplica.
“André io… devo pensarci. Io non so…”
si alzò dalla sedia allontanandosi.
“Oscar!”
Ma già lei non lo sentiva più.
 

Erano passati un paio di giorni. A palazzo Jarjayes ‘l’atmosfera’ che regnava non era cambiata molto. Tutti, perfino i servitori, erano molto tristi. Sia il generale che la moglie non erano più andati a Versailles e anche Maria Antonietta era venuta a conoscenza delle condizioni del suo ex comandante e, pur mantenendo il segreto a Corte, cosa che le aveva chiesto la sua stessa dama di compagnia, soffriva molto e quando raramente non era ‘sorvegliata’ da occhi indiscreti piangeva per la sua cara amica… prima Louis Joseph… adesso anche Oscar… Pur non volendolo doveva limitarsi a soffrire in silenzio perché la discrezione che le avevano chiesto in proposito le impediva di agire e comunque… c’era ben poco da poter cambiare…
Il generale Jarjayes si chiudeva spesso nei suoi appartamenti e quando ne usciva, di rado, i suoi occhi erano gonfi di lacrime. Le condizioni di salute di Mme de Jarjayes, già precarie a causa del suo debole fisico, si erano aggravate per il dolore ed era costretta a stare a letto. Nanny cercava di farsi forza: in quel momento solo lei poteva mandare avanti il palazzo – come del resto aveva sempre fatto – ma malgrado questo, i suoi occhi erano simili ai nuvoloni di quella notte… carichi di pioggia… che coprivano il cielo stellato di una notte di luglio… La natura sembrava condividere quella tristezza… le gocce di pioggia bagnavano le foglie, illuminate dalla luce dei lampi che subito dopo scompariva lasciando il posto ai rombi del tuono. Questo era ciò che André vedeva dalla finestra della sua camera… In una notte simile di venticinque anni prima, Oscar in lacrime era entrata nella sua stanza e gli aveva chiesto di poter dormire insieme a lui con la promessa di ritornare in camera sua non appena fosse spuntato il sole. Malgrado una prima esitazione – era difficile pensare che una bambina che un giorno avrebbe dovuto comandare un esercito avesse paura dei lampi – le aveva fatto cenno di si. La piccola si era intrufolata nel suo letto abbracciando il bambino, sempre più esterrefatto, ma con un incredibile senso di pace e di appagamento.
Così avevano dormito quella notte: abbracciati l’un l’altro.
Probabilmente in quel momento era iniziato quello che con gli anni si era trasformato in amore.
 

Il rapporto con Oscar non era cambiato in quei giorni: André cercava di essere allegro, di farla divertire, per non farle pensare a niente, anche se lui ci pensava sempre più spesso. A volte i colpi di tosse erano così forti che indebolivano il corpo di Oscar al punto da farla scivolare, a terra. In quei momenti André l’aiutava ad alzarsi; lei lo guardava con occhi imploranti: ti prego… non dirmi niente… e lui rimaneva zitto, affogando il suo dolore nel profondo dell’anima.
 

Il giorno seguente partì verso Parigi.
La rugiada scendeva giù dalle foglie formando delle piccole pozzanghere nei quali il sole coperto da nuvole rifletteva i suoi raggi passando attraverso i rami degli alberi lungo la strada. Senza neanche accorgersene, condusse macchinalmente Artaq in Rue Saint Honoré.
Gli aprì la porta Rosalie con uno sguardo molto triste. Probabilmente Bernard si era confidato con lei. La donna lo condusse dal marito. Quando André entrò nella camera, vide il suo amico insieme a due giovani dall’aspetto dei quali André riconobbe due Guasconi orgogliosi e intrepidi, ma anche gentili (3).
“Noi andiamo Bernard” disse uno dei due
“Va bene. Luc, Jerome, vi ringrazio per le informazioni che mi avete dato”
“Figurati Bernard, per gli amici questo ed altro (4) ”
I due, uscendo, salutarono con un piccolo cenno André che intanto era rimasto indietro, vicino la porta, ad ascoltare la fine di quella conversazione. Quando Luc e Jerome uscirono, Bernard si alzò dalla sedia e si avvicinò all’amico.

Fine 2° parte

(1)  Questo pensiero mi è venuto dopo aver riletto il nono volumetto dei “Cavalieri dello Zodiaco”. Pensavo a Castalia in quel momento.
(2) “Il Re Sole” di Guido Gerosa. Parte quarta: “L’APOTEOSI”. Capitolo XXIII: “L’Affare dei Veleni”.
(3)  Impossibile per me non fare questo riferimento allo splendido romanzo “I tre moschettieri” di Alexandre Dumas che in questi giorni ho appena finito di leggere.
(4)   Una frase che dico spesso io.
 

                                                                                                                        Cetty
 

Torna a Fanfics